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Il disgusto è l'emozione che ci protegge

Disgusto

La gente crede sempre che il sentimento più pericoloso sia la rabbia, invece è il disgusto il linguaggio dell'odio. (Kelli Williams nella serie Lie to me)

L'essere umano è una creatura complessa, in grado di sperimentare una vasta gamma di emozioni che influenzano il nostro comportamento e il nostro benessere. Tra queste emozioni, il disgusto occupa un posto peculiare. Secondo la teoria della preparazione evolutiva, proposta da Seligman, le nostre risposte di disgusto potrebbero essersi evolute come meccanismo di difesa per proteggerci da sostanze tossiche o dannose. In altre parole, gli esseri umani che avrebbero evitato istintivamente cibi marci o potenzialmente contaminati avrebbero avuto maggiori probabilità di sopravvivenza e di trasmettere i loro geni. Ma cos'è esattamente il disgusto e quale ruolo svolge nella nostra vita quotidiana? E' un'emozione primaria che si manifesta come una forte sensazione di repulsione nei confronti di qualcosa che viene percepito come sporco, contaminato o moralmente ripugnante. È una risposta emotiva immediata e involontaria, che può essere scatenata da una vasta gamma di stimoli, tra cui cibi decomposti, odori sgradevoli, comportamenti socialmente inaccettabili e persino idee contrarie alle nostre convinzioni morali.

Ma quali ruoli svolge oggi nella nostra vita quotidiana?

Come primo meccanismo ancora oggi ci protegge dalla malattia o dalle infezioni, perchè ci fa evitare sostanze che potrebbero essere dannose per la nostra salute: cibi contaminati, agenti patogeni o qualsiasi cosa che possa rappresentare un rischio per il nostro benessere fisico. Ma ad oggi è diventato anche un regolatore del nostro comportamento sociale, in quanto ci aiuta a stabilire confini e norme di comportamento accettabili nella società. Il disgusto nei confronti di comportamenti non adeguati e non socialmente accettabili che aggrediscono l'altro come il cannibalismo, la violenza fisica e sessuale o l'incesto contribuisce a promuovere norme morali condivise e mantenere la coesione sociale. Il disgusto infine può anche funzionare come un segnale di avversione nei confronti di stimoli che non sono necessariamente dannosi, ma che vengono percepiti come moralmente ripugnanti o socialmente inaccettabili in questo caso influenza le nostre interazioni sociali e le nostre decisioni di comportamento.

Il senso di disgusto è universale?

L'idea per cui ogni persona condivide alcune emozioni in maniera universale è piuttosto seducente. Il disgusto è un ottimo candidato per il titolo di emozione universale: tutti sembrano mimare un conato di vomito e tirano fuori la lingua quando sono disgustati da qualcosa, tutti arricciano il naso. Quindi nell'espressività sembra essere universale. Ma cosa ci provoca repulsione e quindi disgusto è qualcosa di universale? Innanzi tutto esistono tre tipi di repulsione:
- la prima quando qualcosa di velenoso viene avvicinata alla nostra bocca. La reazione è piuttosto universale, arricciamo il naso, ci allontaniamo, proviamo nausea ed emettiamo suoni che ricordano il vomito;
- la seconda scatta quando persone o luoghi minacciano di contaminarci, infettarci e lì ci viene la pelle d'oca e tremiamo, per esempio se entriamo in un luogo molto sporco, non riusciamo a toccare nulla o sederci da nessuna parte;
- la terza è provocata dalla vista di rimasugli di cibo appiccicoso in una bocca o da una ferita insanguinata, questo tipo di repulsione unisce la paura di essere contaminati con il terrore di cavità e aperture corporee.
Questi tre tipi di repulsione sono diversi e sembrano essersi generate in tre percorsi evolutivi diversi ma possono essere superati per cultura o per necessità. Ad esempio alcuni tipi di cibi che per alcune culture sono disgustose per altre sembrano suscitare l'opposto, pensiamo al formaggio sardo con i vermi, oppure la "programmazione" di chirunghi o infermieri che non provano più repulsione per ferite purulente. "La sporcizia è una cosa fuori posto" diceva l'antropologa Mary Douglas, cioè quello che noi troviamo disgustoso è soprattutto legato a quello che pensiamo sia la posto giusto: in una sala operatoria per pulire una ferita che gronda secrezione viene ridimensionata l'emozione del disgusto.
Quindi il nostro rapporto con il disgusto è influenzato da fattori culturali, sociali e individuali, ciò che viene percepito come disgustoso in una cultura potrebbe non essere considerato tale in un'altra, ciò che viene considerato disgustoso in un contesto non viene considerato disgustoso in un altro, e le nostre esperienze personali e le nostre credenze influenzano notevolmente le nostre reazioni emotive. L'eccessiva sensibilità al disgusto può portare a comportamenti ossessivo-compulsivi legati alla pulizia e all'igiene, mentre una mancanza di disgusto può essere correlata a comportamenti rischiosi, trasgressivi o violenti.

E della funzione sociale del disgusto cosa possiamo dire?

Il disgusto sociale svolge diverse funzioni all'interno della società ma soprattutto serve da deterrente per comportamenti che minacciano la coesione sociale o i valori condivisi, aiuta a rafforzare i legami sociali all'interno di un gruppo, promuovendo una sensazione di coesione e solidarietà tra coloro che condividono gli stessi valori e le norme morali. Negli anni ottanta Rozin e Nemeroff fecero un esperimento singolare, ai partecipanti veniva chiesto di indossare un maglione che era appartenuto ad Adolf Hitler, la maggioranza dei partecipanti cominciò a fare smorfie e cambiare posto in modo da distanziarsi dal capo di abbigliamento rifiutandosi di indossarlo. In questi casi il disgusto diventa qualcosa che va aldilà dell'equazione disgusto = veleno, sembra più legato ai valori morali dai quali non vogliamo essere contaminati. Tuttavia bisogna fare molta attenzione perchè portato all'eccesso può anche contribuire alla creazione di gruppi di "altri" che vengono esclusi o emarginati a causa di differenze culturali. Il disgusto quindi non sempre è un indicatore affidabile di comportamenti immorali o dannosi e le nostre reazioni di disgusto possono essere influenzate da pregiudizi culturali o personali e possono portare a discriminazioni, ingiuste o intolleranza fino ad arrivare al pregiudizio verso gruppi o individui che non si conformano alle nostre aspettative sociali. Ad esempio i disturbi mentali sono e sono stati oggetto di pregiudizio culturale e sociale, molte persone li considerano come segno di debolezza o mancanza di volontà anziché come condizioni legittime che richiedono sostegno e trattamento. Questo pregiudizio culturale può portare a discriminazioni significative contro coloro che soffrono di disturbi mentali, inclusi il bias negli ambienti lavorativi, la segregazione sociale e persino la mancanza di accesso a cure e sostegno adeguati. Una persona che soffre di depressione può trovarsi a essere etichettata come pigra o incapace di affrontare le sfide della vita, anziché essere vista come qualcuno che necessita di supporto emotivo e psicologico, questo pregiudizio culturale può portare a un trattamento ingiusto. Negli ultimi anni, per fortuna c'è stata una maggiore consapevolezza e sensibilizzazione sui problemi legati alla salute mentale, con sforzi per combattere il pregiudizio culturale e promuovere l'inclusione anche grazie alla promozione di una maggiore conoscenza dei disturbi, in virtù del fatto che tutto ciò che viene conosciuto meglio ha meno possibilità di provocarci emozioni difensive negative come il disgusto.